Educare è una parola delicata e potente; è differente da istruire, in-struere, che suggerisce l’azione del fornire una struttura. Educare, e-duco, invece contiene il gesto di portare fuori, far emergere.
In ogni persona, la struttura è già lì, presente, magari confusa, danneggiata, nascosta; il nostro compito di Rolfer è rivelarla, portarla alla luce. Una struttura non integra è più fragile, meno sicura, meno affidabile. Il metodo Rolfing mira proprio a rimettere ordine nella struttura intera, senza focalizzarsi interamente sul segnale rappresentato dal sintomo; lo fa attraverso un processo di educazione. Questo significa che invece che insegnarti una respirazione corretta, il rolfer ti aiuterà a rimuovere gli ostacoli che limitano il tuo respiro.
Il processo di bilanciamento, riallineamento è in sé un processo di guarigione che nasce proprio dall’interno. “Quando il corpo lavora in modo appropriato, la forza di gravità può fluire; allora spontaneamente il corpo guarisce se stesso. Gravity is the therapist!” – Ida P.Rolf
Trovo che ci sia una differenza fra curare e guarire. Quando una cura funziona, lo stimolo che arriva dall’esterno mi fa del bene. Ma la guarigione può nascere solo dall’interno. Il desiderio di guarire è tanto potente quanto la cura giusta.
Le sessioni di Rolfing costituiscono un processo di educazione corporea che utilizza l’intervento manuale sulla fascia per differenziare i vari strati e rimettere ordine dove c’è confusione in modo che il corpo ritrovi libertà, coerenza ed efficienza; per fare in modo che il corpo impari a guarire.
Quando c’è continuità ed elasticità nella rete fasciale, è più facile introdurre piccoli, o grandi cambiamenti nelle abitudini dei gesti quotidiani, che sono profondamente radicati nei nostri automatismi, per riconoscere come mantenere e coltivare il benessere.